Castelfranco di Sotto nel Medioevo
Castelfranco di Sotto in the Middle Ages

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Nell’alto medioevo, nella pianura compresa tra i fiumi Usciana e Arno, dove erano ancora visibili i limites della centuriazione d’età augustea, sorgevano piccoli abitati aperti. In molti casi l’unica testimonianza è affidata alla sopravvivenza del nome del santo titolare della chiesa di villaggio, fondata, in genere, dal signore del luogo. Queste piccole comunità rurali, con le loro chiese, dipendevano dalla pieve di Sant’ Ippolito di Anniano, che si trovava ai piedi del castello di S. Maria a Monte, e dall’altra pieve della zona, S. Pietro, che si trovava presso Cappiano. Grazie agli studi di toponomastica e ai ritrovamenti archeologici, dei tanti villaggi ricordati nei documenti scritti è possibile localizzarne correttamente un buon numero. Alcuni di questi sono di fondamentale importanza per la storia di Castelfranco: Il villaggio di San Pietro a Vigesimo si trovava, come indica il toponimo, al ventesimo miglio dell’antica strada che correva sulla destra dell’Arno e collegava, in epoca romana, Firenze con Pisa. Sulla stessa strada, ancora frequentata in età medievale, si era sviluppato il villaggio di Catiana. Una via che si trova oggi a sudovest di Castelfranco ricorda ancora l’antica chiesa del villaggio, San Martino, fondata intorno al Mille dai conti Cadolingi.  Paterno, invece, con la chiesa di San Bartolomeo, doveva sorgere lungo una delle strade minori che collegavano l’Arno all’Usciana.  Anche il villaggio di Caprugnana si trovava poco a nord di Castelfranco, come si legge nei documenti che ricordano la chiesa, dedicata a San Michele, e il suo chiostro. Da questi villaggi provenivano le famiglie dei futuri castelfranchesi.

Verso la metà del Duecento la città di Lucca decise di creare ex novo due centri fortificati ‘gemelli’, Castelfranco e Santa Croce, là dove Pisa le contendeva il controllo di quella sponda dell’Arno. Castelfranco sorse nel punto mediano, baricentrico, rispetto ai villaggi di Catiana, Paterno, Caprugnana e Vigesimo, destinati a scomparire in favore della nascita del nuovo castello. Fu progettato secondo un impianto regolare, suddiviso da due strade principali in quattro quartieri che portavano il nome, ancora una volta, delle comunità d’origine. All’incrocio delle due strade il tessuto edilizio si apriva per consentire una adeguata ampiezza agli spazi della comunità, ovvero la piazza e la domus communis, cioè il palazzo pubblico, già finito di costruire nell’ottobre dell’anno 1253. In questa sua prima fase la piazza, ampia e già pavimentata con specchiature di mattoni posti di taglio, si allungava fino dentro al portico del palazzo comunale, come documentato dagli scavi del 1995 in piazza Remo Bertoncini. Nel Trecento il cuore della vita pubblica di Castelfranco cambia completamente volto: il palazzo comunale si allunga fino ad occupare gran parte della piazza mentre il portico si affaccia lungo la via di maggior attrazione, l’asse porta a Paterno-porta a Vigesimo, che diventa, di fatto, il nuovo spazio della comunità, ancora una volta pavimentata in mattoni dal bellissimo disegno a spina-pesce.

Anche le mura erano realizzate in mattoni e definivano la pianta pressochè quadrata della nuova fondazione. Erano scandite da torri rompitratta a base quadrata, mentre quelle ai quattro angoli avevano forma poligonale. Le mura si aprivano sull’uscita delle due vie principali ortogonali nelle quattro porte: la porta a Caprugnana a nord, la porta a Paterno ad ovest, la porta a Catiana a sud, la porta a Vigesimo ad est. L’alta mole della porta a Vigesimo è perfettamente conservata e reca le tracce della forma originaria: il passaggio voltato dell’accesso principale e almeno due piani praticabili aperti verso l’interno, oltre ad un ballatoio sommitale che consentiva il controllo del passaggio sul ponte del fossato e attraverso l’antiporta. Delle mura di Castelfranco, destinate alla completa cancellazione nel corso degli ultimi secoli, è stato possibile ricostruire la storia di uno dei suoi numerosi momenti di trasformazione. È quanto emerso nello scavo d’emergenza effettuato nel 2007 in piazza 20 Settembre.

All’interno di quell’angolo delle mura si trovava il monastero dei Santi Iacopo e Filippo, con il bellissimo chiostro trecentesco sorretto da pilastri ottagonali in mattoni.  Dalla fine del ‘500 gli annessi del monastero si erano estesi oltre le mura del castello che avevano ormai esaurito la loro funzione. Ai primi del ‘600 viene prevista la costruzione di un nuovo muro per gli orti che si trovavano oramai ampiamente all’esterno. La parte di fondazione, un muro su pilastri, era realizzata con mattoni nuovi, mentre l’alzato venne tirato su con mattoni di recupero provenienti proprio dalle mura di Castelfranco. I dati di scavo hanno reso chiaro il modo in cui procedevano, in parallelo, i due cantieri, quello della dismissione delle mura urbane e quello della sistemazione del complesso conventuale. I mattoni venivano accuratamente estratti dal rudere delle mura e ripuliti dai residui di malta per poi essere messi in opera per il nuovo muro dell’orto del monastero. Gli scarti di questa operazione venivano gettati nel fossato antemurale ormai, anch’esso, non più utilizzato, e destinato alla funzione di fossa di scarico. Così mentre da una parte si abbassavano, fino a scomparire, ampi tratti delle mura medievali e i fossati si riempivano di detriti fino al colmo, dall’altra sorgevano nuove strutture in muratura, private, a delimitare spazi strappati alla funzione pubblica che avevano in origine, ormai del tutto superata. Risulta che nel 1612 il maestro di cantiere Antonio Maestrucci aveva impiegato ben 4000 mattoni delle vecchie mura di Castelfranco per completare il nuovo muro dell’orto del monastero.

Castelfranco di Sotto in the Middle Ages

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During the early Middle Ages, small open settlements arose in the lowland between the rivers Usciana and Arno, where the limites of the Augustan age land division were still visible. In many cases the only surviving testimony is the name of the titular saint of the village church, generally founded by the local lord.

These small rural communities, with their churches, fell under the scope of the parish church of Sant ‘Ippolito di Anniano – which was located on the slopes of the castle of S. Maria a Monte – and also on that of the other parish church in the area, S. Pietro, situated at Cappiano.

Archaeological findings and studies on the local topography allowed to correctly identify and locate a good number of the many villages mentioned by written evidence. Some of these are of fundamental importance for the history of Castelfranco: The village of San Pietro a Vigesimo was perched, as the toponym indicates, at the twentieth mile of the ancient road that run on the right of the Arno and connected, in Roman times, Florence with Pisa.  The village of Catiana had developed along the same road, and was still a popular site in the Middle Ages. A pathway, today southwest of Castelfranco still recalls the ancient village church, San Martino, founded around 1000 A. D. by the Cadolingi counts. Conversely Paterno, with the church of San Bartolomeo, was possibly built along one of the minor axes that connected the Arno to the Esciana river. The village of Caprugnana was also located just north of Castelfranco, as we read in the documents that mention the church – dedicated to San Michele – and its cloister. The families of the future dwellers of Castelfranco originated from these villages. Two new ‘twin’ fortified hamlets – Castelfranco and Santa Croce – were created by Lucca towards the middle of the thirteenth century, precisely on the bank of the Arno contended by Pisa. Castelfranco was placed in a barycentric point with respect to the villages of Catiana, Paterno, Caprugnana and Vigesimo, destined to disappear to make way for the castle. It was designed according to a regular layout, divided by two main streets into four districts that bore the name of the original communities. At the intersection of the two streets, the urban fabric opened up to make way for the communal spaces, namely the square and the domus communis, that is the town hall, which was already completed by October 1253. In this first phase, the square, large and already paved with cut-out bricks, extended up to the portico of the town hall, as documented by the excavations of square Remo Bertoncini that took place in 1995.

In the fourteenth century, the heart of public life in Castelfranco was radically altered: the town hall now stretched to occupy a large part of the square while the portico overlooked the street of greatest attraction – the road axis leading Porta Paterno to Porta Vigesimo – which become, in fact, the new community space, once again paved in brick with a beautiful herringbone pattern. Even the city walls were made of bricks and defined the almost square-shape plan of the new foundation. They were punctuated by cross-section towers with a square base, while those at the four corners had a polygonal shape. The walls opened on the exit of the two main orthogonal streets in the four doors: the door to Caprugnana to the north, the door to Paterno to the west, the door to Catiana to the south and the door to Vigesimo to the east. The high bulk of the door in Vigesimo is superbly preserved and bears traces of the original shape: the vaulted passage of the main access and at least two practicable floors open towards the interior, as well as a summit balcony that allowed the control over the bridge on the moat and through the front door. It was possible to partially retrace some of the transformations occurred to the walls of Castelfranco, destined to be completely erased over the last few centuries. This is what the emergency excavation – carried out in 2007 in the square 20 Settembre – revealed. Within that corner of the walls stood the monastery of Saints Jacopo and Filippo, with a beautiful fourteenth-century cloister supported by octagonal brick pillars.  By the end of the 1500s, the monastery annexes had extended beyond the walls of the castle, which had by now exhausted their function. At the beginning of the 1600s, the construction of new walls was planned to envelop the vegetable gardens that were now largely outside. The foundation section, a wall on pillars, was built with new bricks, while the elevation was raised with salvaged bricks from the walls of Castelfranco.

The excavation data expose the way in which the two sites run concurrently, the former dismantling the city walls, and the second rearranging the monastery complex.  The excavation data expose the way in which the two sites run concurrently. The bricks were carefully extracted from the debris of the walls and cleaned of the mortar residues. Then, they were positioned for the new wall of the monastery garden. The waste resulting from this operation was thrown into the outer moat, which – no longer exploited – was now made use of as a waste pit. Thus, while on the one hand large sections of the medieval walls were lowered until they disappeared – and the moats were filled with debris to the top – on the other, new private brick buidings arose, to define spaces removed from the public function they originally held, which was now completely outdated. It appears that in 1612 the Master mason Antonio Maestrucci had made use of 4,000 bricks coming from the old walls of Castelfranco to complete the new wall of the monastery garden.

Ricostruzione e animazione 3D:

Digitalismi – Andrea Lippi

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Progetto: Andrea Vanni Desideri

Testi: Silvia Leporatti

Voice-over: Andrea Giuntini (ITA) e Alice Dettori (ENG)

Registrazioni sonore: Gabriele Bochicchio

Traduzioni: Alessia Meneghin

Musiche: K.McLeod